La normativa nazionale
Il riferimento principale nel quadro della normativa nazionale di settore è rappresentato dalla legge 5 febbraio 1992, n.104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.
Secondo questa norma è una persona handicappata colei che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare uno svantaggio sociale o di emarginazione.
La Repubblica italiana garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia delle persone handicappate e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana al fine di raggiungere l’autonomia e la partecipazione alla vita collettiva, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali; persegue il recupero funzionale e sociale della persona menomata; predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale.
La persona disabile ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione e qualora la minorazione abbia ridotto l’autonomia personale la situazione assume connotazione di gravità determinando priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
Il requisito minimo per essere considerato disabile deve essere una limitazione superiore al 33%.
Dal 34% si ha diritto agli ausili e protesi previsti da nomenclatore nazionale, dal 46% al collocamento mirato, dal 51% si ha il diritto al congedo straordinario, dal 67% si è esenti dalla spesa sanitaria (tranne la quota fissa) e dai trasporti, con ISEE inferiore a 16.000, dal 75% è previsto l’assegno mensile alle persone dai 16 ai 65 anni prive di impiego, mentre le persone con più di 65 anni è previsto l’assegno sociale dell’INPS.
Se si è disabili al 100% si ha diritto a tutti gli aiuti sopra elencati a meno ché una persona abbia bisogno di un accompagnatore permanente o con necessità di assistenza continua e in questo caso è previsto un’indennità di accompagnamento.
Quindi possiamo distinguere diverse categorie di disabilità: la disabilità media, grave e la non autosufficienza.
La legge 21 maggio 1998, n. 162 concerne le prime modifiche alla legge n.104, riguarda le misure di sostegno in favore di persone con gravi handicap.
Questa legge ha l’obbiettivo di finanziare iniziative di sostegno e accompagnamento, attraverso progetti di aiuto individualizzati (PAI), a favore di persone disabili di età compresa tra i 15 e i 64 anni.
Questo avviene attraverso interventi di assistenza domiciliare indiretta (con lo scopo di garantire le condizioni necessarie per una permanenza adeguata nel proprio contesto di vita) e di percorsi di accompagnamento sia per la persona disabile che per la sua famiglia (per valorizzare le risorse funzionali e stimolare l’autonomia attraverso l’integrazione e il confronto con i coetanei e non).
La seconda modifica l’abbiamo con la legge 28 gennaio, n. 17, che riguarda l’integrazione scolastica e i diritti delle persone handicappate.
Questa legge afferma che agli studenti disabili iscritti all’università sono garantiti sussidi tecnici e didattici specifici ed è consentito il superamento degli esami previa intesa con il docente della materia e con l’ausilio del servizio di tutorato.
Inoltre la legge n. 104 definisce: l’accertamento, la prevenzione, la cura e la riabilitazione; l’integrazione lavorativa e il collocamento obbligatorio, le regole per i concorsi pubblici, le procedure per l’accertamento ai fini del lavoro pubblico e privato e i permessi di lavoro per i parenti fino al III grado; il diritto alla mobilità e al trasporto e alle facilitazioni per i veicoli; l’esercizio del diritto di voto, diritto all’alloggio e alle riduzioni fiscali.
La legge prevede che gli Enti locali e i servizi sanitari forniscano i servizi previsti anche attraverso convenzioni con associazioni, istituzioni private non lucrative e cooperative.
Presso la Presidenza del consiglio dei ministri è istituito il Comitato Nazionale per le Politiche dell’handicap.
Nel 12 marzo 1999, viene varata la legge n.68 che tratta delle norme per il diritto al lavoro dei disabili che ha come finalità la promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato.
Si applica:
a) alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti.
b) alle persone invalide del lavoro con un grado d’invalidità superiore al 33%, accertata dall’Istituto Nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL).
c) alle persone non vedenti.
d) alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria.
Con la modifica dell’art. 117 del Titolo V della costituzione, nel 2001, vengono conferiti a Regioni e Comuni dei poteri nuovi e degli strumenti di raccordo. In questo modo sono state riconosciute le autonomie locali, quindi i comuni, le regioni e le province sono tenute a farsi carico dei problemi del territorio.
Alle Regioni è stata riconosciuta l’autonomia legislativa, ovvero il potere di dettare norme primarie su tre livelli: esclusiva o piena ( le regioni sono equiparate allo Stato nella facoltà di legiferare), concorrente o ripartita (le regioni legiferano con leggi vincolanti) e di attuazione di leggi dello Stato (adattandole alle esigenze locali).
I Comuni sono enti territoriali di base, con autonomia statuaria, organizzativa, impositiva, finanziaria e amministrativa. Il loro compito è promuovere e curare lo sviluppo delle comunità locali in quanto più vicini al cittadino, quindi più idonei ad esercitare funzioni amministrative.7
I Comuni conosco i problemi locali e chi meglio di loro può sapere dove e come agire.
In quest’ottica anche il servizio sociale ha un ruolo fondamentale nei comuni, insieme la sanità e l’istruzione.
Per quanto concerne le professioni sociali coinvolte nella cura del disabile, la legge di riferimento, nonché la Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizio sociale è la Legge 328 del 2000.
La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuovendo interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza e previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, bisogno e disagio derivanti da inadeguatezza del reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia.
I principi ispiratori generali si identificano nella ricerca del benessere e della qualità della vita, nelle pari opportunità sociali, nella prevenzione e nel contrasto ad ogni forma di esclusione.
Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria e integrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell’operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché nella valutazione di impatto di genere.
Alla realizzazione della L. 328 viene collocato il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, che assicura i finanziamenti necessari ai Comuni per procedere con le politiche di innovazione, integrative e non sostitutive rispetto gli stanziamenti già attivati.
Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili, nell’ambito della vita familiare e sociale, le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto individuale attraverso il quale creare percorsi personalizzati in cui i vari interventi siano mirati, massimizzando così i benefici.
Nell’ambito delle risorse disponibili il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale, i servizi alla persona, a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale.
Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare. Il sistema integrato riconosce e sostiene il ruolo primario della famiglia nella formazione e nella cura della persona, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale.
Nell’art. 19 della legge 328/2000 viene chiarito che i Comuni e le Asl impegnati nella tutela dei diritti della popolazione, devono definire un piano di zona che individua le modalità organizzativa dei servizi, gli strumenti e i mezzi, gli obiettivi, le risorse finanziarie da attivare, le modalità per garantire il servizio integrato e le modalità di collaborazione con i servizi territoriali e i sistemi locali stimolando le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché responsabilizzare i cittadini nella verifica dei servizi.
Il Piano di zona ha una durata di tre anni (in una comunità ormai in continua trasformazione che vede ogni giorno emergere nuovi bisogni) e viene redatto da tutti i sindaci associati dei vari distretti. Deve essere visto e attuato come un piano regolatore di tutti gli interventi socio-sanitari.